Cecilia Venturelli

8 aprile 2014
Prima di partire mi sono domandata come avrei reagito a questo viaggio….non è una gita scolastica come le altre. Ho pensato che avrei pianto davanti alla camera a gas, ai forni….poi mi son detta “chi vivrà vedrà non voglio pianificarmi tutto, soprattutto le emozioni!”. L’ho pensato solo perché mi conosco e in genere reagisco così a queste cose. Vedere un campo dal vivo non è esattamente come vederlo in un film, documentario o filmato d’epoca. Vedendo dall’autobus alcune linee ferroviarie, la mia mente per associazione ha pensato che forse, qualche tempo fa, su quei binari ci sono passati dei treni diretti anche a Dachau.
Ha ragione comunque Tiziano Terzani quando dice che viaggiare con l’aereo limita molto, passi da un paese all’altro senza accorgerti veramente che hai passato la frontiera!
Guardando il video che nonno Mauro ci ha fatto vedere mi sono chiesta: << ma è giusto che mi diverta con i miei compagni se lo scopo di questo viaggio è riflettere su qualcosa di tragico come tutto questo?>> Mi sono risposta che sì, mi devo divertire, ma devo anche essere consapevole che devo farlo nei momenti giusti.
09 aprile 2014
Sono in autobus, mi sto avvicinando al campo di Dachau, penso: “ Ma chi ci abita vicino come fa? Cosa rispondono i genitori quando i loro figli chiedono “cosa è quello?” Come è vivere lì vicino oggi che è un museo, e soprattutto come era quando era un campo vero!?!?
All’entrata sentivo freddo, avevo i brividi, e quando ho passato il cancello ho pensato che era enorme immenso! Mi sembrava che avessero freddo anche le piante e il praticello verde. C’era silenzio, troppo! Gli stanzoni sono spartani, freddi, mi danno l’idea di sporco. Ci sono guide tedesche che accompagnano alcune scolaresche. È solo un pregiudizio, ma mi da noia sentire la lingua tedesca qui dentro. Mi sono domandata come avrei reagito. Boh … Passare lo stesso cancello dei deportati non ti lascia indifferente….e meno male che oggi c’è il sole, ci fosse stata la pioggia o la neve forse sarebbe stato peggio. Sul computer della stanza della memoria ho trovato un uomo di Piombino morto qui a Dachau, Gragnani Giovanni. Mi sono resa conto ora che questo è un avvenimento che mi è vicino, perché coetaneo dei miei nonni. Vedere la baracca da dentro è
impressionante, soprattutto per le condizioni igieniche. La distesa di tutte le baracche è ancora più impressionante, sembrano una distesa di tombe.
L’area del Krematorium è quella che mi ha toccato più di tutte. Sono entrata dalla direzione sbagliata….ho fatto il percorso partendo dai forni, quindi mi sono ritrovata nella camera a gas senza sapere di esserci. Quando sono uscita e ho letto “Brausebard” ho capito, ci sono entrata di nuovo e mi sono immaginata nuda vicino a decine di altri corpi.
Tornando indietro mi sono accorta della landa desolata che è quel campo, e mi sono fatta le domande più idiote, ma anche le più pratiche quelle che non ti vengono in mente studiando su un libro:che lavoro facevano?, di che utilità era? Come facevano ad andare a dormire quelli che avevano il posto letto più alto? I deportati se lo saranno chiesto il senso di tutto questo?Certo che sì, e che risposte si davano? Ma anche altre domande, tipo: se fossi stata un abitante delle case davanti al campo, cosa avrei fatto? Mi sarei tappata il naso e avrei chiuso le tende per non vedere anch’io? O mi sarei ribellata? Per rispondere sinceramente avrei dovuto vivere quella situazione. Ora come ora posso dire che mettendomi nei panni di un deportato molto probabilmente sarei morta quasi subito per esaurimento psicologico: quella divisa, quegli zoccoli, con quel freddo, quel numero al posto del nome e soprattutto quell’incertezza procurata volutamente dalle guardie….non lo avrei sopportato a lungo.
11 aprile 2014
Il filmato che abbiamo visto nel viaggio di ritorno racconta tutto quello che le mie nonne mi hanno sempre raccontato sulla loro gioventù. Erano contente di avere almeno una volta a settimana un vestito nuovo da indossare. Quando crescendo hanno capito, si sono vergognate di tutto questo.
Mi frulla una domanda in testa: “Ma perché tutti ce l’hanno sempre avuta con gli ebrei? Già nell’antica Roma ci sono state le persecuzioni anti – ebraiche con Vespasiano, poi i pogrom russi, per finire con tutto questo?
Ho una perplessità: la mia generazione ( e soprattutto quelli più piccoli ) che è abituata in tv a film, telefilm con scene macabre, così come nei giochi per computer e game boy, vedere un campo avrà lo stesso effetto?


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