VITTORIO GORINI:
…Il campo era molto vicino alla città di Dachau. Appena entrato dal cancello sono stato colpito dalla scritta “il lavoro rende liberi”. Abbiamo visitato il museo costruito nella grande stanza dove i nazisti smistavano i prigionieri. Successivamente abbiamo visto i bagni, i dormitori e i luoghi dove gli Ebrei lavoravano. Lontano dal campo, divisa da un piccolo fiume con un ponte di legno, si trovava la zona dei forni crematori e delle docce… E’ stata un’esperienza toccante, che mi ha fatto riflettere molto.
FRANCESCA NOFERI:
… La mia esperienza a Dachau mi ha segnato molto, a partire dal cancello di entrata dove vediamo la scritta “Arbeit macht frei”, il lavoro rende liberi, ma liberi non lo sarebbero mai stati. Pensare ciò
che provavano i deportati sapendo che forse non sarebbero riusciti a sopravvivere, ciò che avrebbero dovuto sopportare una volta oltrepassato il cancello; tutto questo mi provoca moltissima tristezza e tanta rabbia…Ho visitato tutto il campo, comprese le baracche, dove dormivano in condizioni pessime, e i forni crematori. Questi ultimi mi hanno fatto molto effetto, facendomi venire addirittura i brividi; lì venivano eliminate le ultime tracce che rimanevano dei deportati uccisi. Leggendo sui libri di storia non ci rendiamo conto di quanto è stato orribile ciò che è stato fatto all’interno dei campi di sterminio fino a che non sei sul posto… Pensando di non avere più la dignità di essere un uomo o una donna con un nome e un cognome, avendo un numero tatuato sulla pelle come segno di riconoscimento…
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